Small crab into the corals @Mafia Island - Tanzania ©Andrea Pompele All Rights Reserved

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domenica 30 novembre 2014

Africa, the mother land: Namibia. BUSH LIFE PT III

steenbok etosha namibia
Raficero campestre - Steenbok - Raphicerus campestris - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
Ah internet e il web che invenzione meravigliosa! Sono sempre stato un convinto sostenitore delle nuove tecnologie e della rete, credo personalmente che sia una delle invenzioni dell’umanità migliori del mondo, attraverso internet puoi trovare qualsiasi informazione sia per te necessaria, puoi capire, approfondire, studiare, prenotare, rimanere in contatto con i tuoi amici in giro per il mondo e tutta un’altra serie di aspetti che conoscete già, quindi non li enumererò. "Bravo stavi già cominciando a stancarci." Con internet puoi informarti e se non sai una cosa, al giorno d’oggi non hai più scuse, hai uno smartphone connesso quasi sempre alla rete telefonica e puoi scaricare qualsiasi informazione tu intenda approfondire. Allora perché non lo facciamo?
Pale Chanting Goshawk etosha Namibia
Astore Pallido Cantante - Pale Chanting Goshawk -Melierax canorus
 Etosha national Park
 Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
Mah i testi di sociologia hanno mille risposte, secondo me la risposta è semplice: non vogliamo farlo, tutto qui, preferiamo passare il tempo a fare altro. E questo è assolutamente legittimo, ognuno del suo tempo fa quello che gli pare, ma se abbiamo tutta questa potenzialità a portata di mano perché non usarla? I social network sono a mio avviso fantastici, grazie a questi puoi stare in comunicazione con un sacco di persone lontane e sono veramente molto utili. 

La mia amica Nicoletta, ad esempio, riusciva a lavorare e restare in comunicazione con l'Italia senza problemi, lei è un'esperta di comunicazione non convenzionale e ha un blog molto carino (http://www.gustofragola.com/nicolettacrisponi/). Il suo sistema si chiama Nomad Working ed è una grande opportunità: permette di svolgere il proprio lavoro dovunque ci sia una connessione internet. "Va beh ma cosa c’entra con la savana?" "C’entra eccome!" In quasi tutti i lodges e campi tendati c’è il wi-fi, non sempre funziona bene e a volte quando ci sono molti devices connessi proprio si pianta, ma è molto utile per comunicare con parenti e amici dall’altra parte del mondo. Il suo utilizzo a mio avviso deve essere sempre comunque in seguito all’esperienza che si sta vivendo e mai antecedente, altrimenti c’è il rischio di non godersela a pieno, passando il tempo a chattare sul cellulare, come mi è spesso capitato di vedere. Condividete per carità! E chattate, postate foto e tutto il resto, ma fatelo alla fine della giornata, non durante la cena senza staccare gli occhi dall’I-phone, altrimenti non vivete nulla di diverso che dall’Italia, non credete?
Acacia tree Etosha Namibia
Il più famoso albero di Acacia di Etosha -The most famous Acacia Tree in Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
Diverso discorso per le macchine fotografiche. Sia ringraziato il cielo che nella maggior parte dei campi tendati c’è la luce in camera, così posso caricare le batterie della mia reflex. Ma in qualsiasi caso ho acquistato un accumulatore a pannelli solari che mi consente di attaccare qualsiasi device ed essere sempre in carica…ah la tecnologia pulita come mi piace, ecosostenibile e assolutamente avanti. Devo ringraziare il mio collega Gianmarco per avermi consigliato ed accompagnato a comprarlo in Africa. Ah, la BUSH LIFE TECHNOLOGY...
Nei lodges e tented camps della Namibia per legge ci deve essere almeno una fonte di energia rinnovabile altrimenti non possono essere costruiti né tantomeno gestiti e aperti al pubblico, perciò normalmente la fonte di energia rinnovabile più sfruttata è l’energia solare, direi visto che in Namibia piove pochissimo è una condizione semidesertica e il sole è abbondante tutto l’anno. Docce ed energia elettrica funzionano benissimo e si accumulano durante il giorno perciò si può usufruire delle comodità che noi consideriamo standard senza problemi. Faccio notare però che costruire un lodge o un campo tendato di lusso in the middle of nowhere, non è proprio così semplice e tutte le comodità di cui fruiamo e disponiamo liberamente, non sono scontate, certo le paghiamo e a volte anche care, ma non per questo siamo autorizzati o legittimati a sprecare la preziosa energia che possiamo avere a disposizione. 
Parlo soprattutto dell’acqua, una risorsa universale e per fortuna non ancora di proprietà di nessuno, ma preziosissima per una nazione semi - desertica come la Namibia. Non dico di non usarla o usarla con parsimonia, questo no, lavarsi è importante e i Namibiani ci tengono moltissimo, ma di non buttarla via, usandola per soddisfare lo scopo che ci eravamo prefissati. Che sia quello di farci una doccia calda per scaldarci perché cavolo fa proprio freddo, piuttosto che per rilassarci. Usiamola pure, ma esaurita la sua funzione, non sprechiamola, dovremmo tenerne conto in tutto il mondo, anche a casa nostra, non solo in Africa, non credete? 
Poi non è che sia scontato avere il wi-fi nel deserto no?
namib desert wilderness safaris namibia
Kulala Wilderness Safaris Property - Namib Desert - Namibia  ©Andrea Pompele All Rights Reserved


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Africa, the mother land: Namibia. BUSH LIFE PT I



venerdì 28 novembre 2014

FOTOGRAFI, VALE LA PENA DARCI UNO SGUARDO. Parte III

3 fotografi: 2 professionisti, 1 fotografa brava, 2 donne 1 uomo. Se amate la Fotografia, se amate la Wildlife, se amate l'Avventura, non potete non dargli un'occhiata! Che diamine ragazzi, non fate i timidi digitali...

3 photographers: 2 professionals, 1 good photographer, 2 women 1 man. If you like Photography, if you like Wildlife, if you like Adventure, you must take a look! Don't be shy, my digital always connected friends...




BURRARD LUCAS WEBSITE

Burrard Lucas FACEBOOK PAGE


ELISABETTA ROSSO WEBSITE

Elisabetta Rosso FACEBOOK PAGE


Piera Grella FACEBOOK PAGE


mercoledì 26 novembre 2014

Africa, the mother land: Namibia. BUSHLIFE PTII

Uno degli aspetti che mi preme di più sottolineare, anche durante i safari con i miei ospiti, è che dobbiamo cominciare a considerarci in modo diverso, senza per forza concentrarci su di noi, ma rivolgendo lo sguardo intorno a noi. In questo la BUSH LIFE è maestra e aiuta. Chiarisco meglio il concetto. "Eh sarà meglio!" "Ci stavo giusto arrivando, con calma."
kori bustard etosha namibia
Otarda di Kori maschio in amore - Male Kori Bustard in love - Ardeotis kori - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
È appunto la calma che dovrebbe essere la nostra guida, non la frenesia tipicamente occidentale di affrontare la vita, e questo anche nella savana: non dobbiamo perdere tempo, questo sicuramente, anche perché non dobbiamo sprecarlo visto che godiamo dell’opportunità unica e per alcuni irripetibile, di essere in luoghi meravigliosi con tantissime cose da vedere. Tuttavia non dovremmo nemmeno pretendere di correre per vedere questo e quell’altro, quell’animale in accoppiamento oppure quel gruppo di leoni alla pozza che potrebbero andarsene da un momento all’altro. Certo se li vediamo siamo più felici ed abbiamo portato a casa il nostro obiettivo, ma se li abbiamo visti con calma, e ci siamo goduti i momenti anche quando non c’era niente di interessante da vedere, la soddisfazione e la pace che sentiamo dentro aumenta in modo esponenziale. Oltretutto rischiamo di correre nella savana avanti e indietro senza riuscire a vedere alcune cose che potrebbero essere molto interessanti, oppure molto emozionanti. Io ad esempio cerco sempre di far capire dove siamo, fornendo strumenti in grado di decodificare l’ambiente dove ci troviamo e quindi godere appieno dell’esperienza di savana, guardando sia le praterie, che la boscaglia, le zone cespugliose e quelle diradate, intuendo e capendo perché lì c’è quel tipo di vegetazione e di conseguenza che animali possiamo aspettarci di trovare.
cheetah cubs etosha namibia
Giovani ghepardi in caccia - Young cheetahs in hunting time - Acinonyx jubatus
 Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
Magari indovinandone la posizione si può provare a cercare il leopardo sui rami degli alberi, ma occorre andare molto piano con la macchina e guardare in ogni direzione, con attenzione ed in ogni caso, per avvistare un leopardo nel bush occorre soprattutto una buona dose di fortuna! La fortuna con gli animali selvaggi è una buona parte della riuscita di un safari (l’altra è la guida ovviamente ndr), certi giorni si possono vedere molte specie diverse, altri invece il vuoto assoluto, ça depend, dipende, non la puoi certo stabilire tu la tua fortuna, giusto? Sbagliato. A mio avviso invece puoi influenzarla eccome! Se ti avvicini ad una dimensione più calma, meno frenetica e galoppante puoi spostare l’ago della bilancia della buona sorte verso di te e godere dei suoi frutti più dolci. Ovviamente può anche non succedere, non è mica scienza la mia opinione (per ora nds), e se non capita? Pazienza, ti sarai comunque goduto il momento, senza recriminazioni, e il giorno dopo speri che possa, ma non è scontato, andare meglio. Questo tipo di atteggiamento mentale consente di avvicinarsi molto di più alla BUSH LIFE e ad i ritmi che la caratterizzano. Il ritmo è vita, e da percussionista ne so qualcosina in effetti, scandisce la tua giornata e gli equilibri naturali che regolano la savana. Faccio un esempio chiarificatore. "Uff meno male, che quando attacca a parlare così faccio fatica a seguirlo…ecco appunto, vai!" Quando il sole sta andando a tramontare, il tempo a tua disposizione per godere della luce solare è poco e limitato, perché a seconda della latitudine in cui ti trovi, che sia East Africa sull’equatore, dove il fenomeno è più chiaro, sia che tu sia in Southern Africa, magari intorno al 23° Parallelo sud, ovvero il Tropico del Capricorno, quando il sole va giù, decide, passatemi l’espressione, di andare senza lasciarti molto spazio di manovra magari per decidere di prendere l’attrezzatura fotografica. Va giù e basta e di solito ci mette circa un quarto d’ora, dopodiché è buio, esso non cala lentamente, è proprio buio pesto! Questo fenomeno implica che tu sia sempre pronto ad ogni evenienza e reattivo verso ciò che sta succedendo intorno a te, in tutti i campi, perciò sei molto più connesso ai ritmi naturali rispetto a quando sei in Europa, ad esempio. E questo ha un’influenza positiva su di te come non ti immagini neanche. Stai bene, semplicemente bene, è meraviglioso
southern black korhaan etosha namibia
Southern Black Korhaan - Afrotis afra - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
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Un altro aspetto che su cui voglio focalizzare l’attenzione è abbastanza semplice: noi siamo ospiti, non padroni. Sembra una sciocchezza banale, ma in realtà non lo è e vi spiego qui il perché. Ovviamente se andiamo in vacanza in un altro paese siamo ospiti e non pretendiamo mica che tutto sia piegato al nostro volere, giusto? Sbagliato anche stavolta. Spesso infatti siamo convinti di essere rispettosi nei confronti del paese ospitante ma in realtà non lo siamo affatto. Questo non per maleducazione, che comunque è riscontrabile ovunque in qualsiasi nazionalità, bensì per abitudine. Noi italiani ad esempio non abbiamo l’abitudine di dare la mancia, perché da noi non si fa, mentre in tutti i paesi di lingua inglese è consuetudine dare la mancia per qualsiasi servizio si riceva, che sia il ragazzo che porta le valigie in camera o la guida che ti segue per il safari o ti fa visitare un luogo magnifico dedicando tutta la sua attenzione e professionalità a te, oppure il cameriere che ti sta seguendo al tavolo, tutte queste persone campano letteralmente sulle mance che vengono date loro, e quindi rifiutarsi di dar loro ciò che a loro spetta è come derubarli. Ma voi direte: "ma se già pago per un servizio e loro vengono pagati per farlo, perché dovrei dar loro di più?" Semplice, perché loro vengono pagati poco e le vostre mance fanno la differenza e poi perché in realtà non vi costa molto, il cambio è molto favorevole e per voi sono solo pochi spiccioli, in secondo luogo è buona educazione per Dio!
elepahnts etosha namibia
Elephants dust bathing @waterhole - Etosha National Park
Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved 
Il rispetto del valore del lavoro si vede anche da questo e noi non possiamo pretendere rispetto senza dar agli altri lo stesso. Il discorso non è soltanto collegato alle persone, ma anche al luogo dove ci troviamo, la savana appunto. Anche qui noi siamo ospiti e non padroni, non è la nostra casa di cui disporre a piacimento senza rispetto dei suoi abitanti. Gli animali selvaggi sono a casa loro e non possiamo interagire, magari avvicinandosi troppo o parlare ad alta voce, spesso urlando, altro tipico atteggiamento italiano ma non solo, credetemi, disturbando perciò le loro attività. In parte già li disturbiamo con la nostra presenza, facciamo in modo di non essere troppo invasivi e limitiamo al limite il disturbo che potremmo creare loro. Oltretutto in alcuni casi è sconsigliabile se non pericoloso per la nostra incolumità avere atteggiamenti di questo tipo. Con gli elefanti ed i rinoceronti questo è abbastanza chiaro e risaputo, ma anche con altre specie può non essere una buona idea. Facciamo un esempio pratico connesso alla nostra vita: se uno sconosciuto entra in casa tua, senza danneggiare niente, tentare di rubarti nulla o farti del male, non è questo il caso, ma passasse nel tuo salotto davanti a te mentre stai guardando la tv e andasse in cucina bello sereno e tranquillo, rovistando nel frigo aprendosi una birra davanti a te, non ti darebbe come minimo fastidio? Secondo me andresti su tutte le furie. Giusto? E allora, se sei in un veicolo, blocchi e tagli la strada ad un animale o ad un gruppo che sta attraversando per andare alla pozza oppure semplicemente si sta spostando in quella direzione, perché non dovrebbe andare lui/ loro su tutte le furie? In fondo è casa sua/loro no? Il punto è proprio questo, ci vuole rispetto per il posto dove ci si trova in ogni caso, senza sostare per troppo tempo davanti o troppo vicino all’animale, proviamo a comportarci in modo diverso rispetto a quello a cui siamo abituati, anche questa è BUSH LIFE.



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Africa, the mother land: Namibia. BUSH LIFE PT I



lunedì 24 novembre 2014

Africa, the mother land: Namibia. A NIGHT DRIVE WITH LIONS


Secondo breve video della "Premiatissima Ditta" Adventure Life Project Africa corporation...mi scappa da ridere...

Un Night Drive dove con i miei ospiti abbiamo incontrato una famiglia di leoni intenti a...giocare fra loro!

Un'esperienza bellissima svolta nella Riserva Privata di ONGAVA, a ridosso del Parco Nazionale Etosha in Namibia.

Spero vi piaccia e vi faccia venire voglia di venire con me a vedere cose meravigliose!

Presto sui vostri schermi, da PC, tablets o smartphones, altri video che riguardano la Namibia, deserto and much more!

Mi scuso di nuovo per la qualità delle immagini, ma come già accennato, i potenti mezzi a mia disposizione non coinvolgono telecamere in FULL HD per ora...

Buona visione!

Another short video of Adventure Life Project Africa...

A Night Drive in wich the guests join a lions family playing together!

A great experience into the ONGAVA Private Game Reserve next to the Etosha National Park, Namibia.


I hope that you like and you wish to come with me to see wonderful and amazing things!

Coming soon on your screens, devices, tablets or smartphones other videos concerning Namibia, desert and much more!

I apologize with you for the quality of the images, but I don't have al FULL HD camera on my bag. Not yet...

Good vision!

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NON C'E' AVVENTURA SENZA VIDEO

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giovedì 20 novembre 2014

A me piace il JAZZ, ma non so perché. Beppe Di Benedetto aiutami tu!

Anche il Jazz è Avventura
A Me piace il Jazz, ma non so il perché. Ho provato a  trovare una risposta sensata a questa domanda, ma la mia conoscenza di questo genere musicale, che è un mondo, tra diverse correnti e sottogeneri, non è sufficiente a darmi una spiegazione. Questo universo in effetti raccoglie 100 anni di storia della musica Afroamericana, e la mia ignoranza non mi aiuta certamente in questa impresa…
trombone solo Beppe Di Benedetto
Beppe Di Benedetto in un solo @Shakespeare Café ©Roberto Ugolotti Photography
Allora ho pensato di chiedere aiuto ad un mio amico fraterno, Beppe Di Benedetto. Oltre ad essere un mio caro amico, cosa già di per sé stessa importante (per me), Beppe è uno dei musicisti professionisti Jazz più importanti d’Italia e comincia ad essere apprezzato, conosciuto anche in Europa ed evidentemente ne sa a pacchi.
È bello chiacchierare con Beppe, un po’ di tutto, ci troviamo sempre a parlare volentieri e normalmente siamo senza limiti, così ci ritroviamo a fare le 4:00 del mattino senza nemmeno accorgercene, ascoltando musica e confrontandoci su qualsiasi argomento. Anche stavolta è andata così. La cosa bella di Beppe è che ti spiega le cose con una semplicità che ti rendi conto di essere di fronte ad un grande professionista ed una grande persona, e tutto ti è improvvisamente chiaro, anche se tu non ci
Beppe Di Benedetto
Beppe Di Benedetto 

avevi minimamente pensato. Non ti senti in difetto però, ti senti accolto. A mio avviso questo è meraviglioso. Mi stupisco sempre e volentieri di fronte alla sua cultura e alla sua semplicità.
Ma torniamo a noi “e qui ti volevamo caro” “eccomi, eccomi” Dunque ho chiesto a Beppe perché mi piace il Jazz e lui non mi ha risposto, mi ha fatto delle domande. E’ un rivoluzionario, mi ribalta anche l’“intervista”…
Dai quesiti che mi ha posto è uscito questo.
A me piace il Jazz perché dipende dalla mia forma mentis, la musica tutta mi da’ degli stimoli, mi provoca gioia, benessere, mi piace qualcosa che tocca 3 zone di me: la pancia, sede delle emozioni istintive, zona adibita alla ritmica e perciò di rimando all’Africa, e per forza nel mio caso “e però non te la tirare, vai avanti!” “ok”; il cuore, sede delle emozioni sublimi, quelle più pure, i sentimenti di ognuno di noi; e la mente, sede del razionale, la parte intellettiva, melodica, la parte più Europea, che codifica la profondità della bellezza del sentire e toccare la musica. Nel Jazz coesistono studio e improvvisazione, cioè composizione del brano e creazione di qualcosa che non c’è, che quindi mi affascina e mi attira.
Beppe Di Benedetto Solo Trombone
Beppe Di Benedetto durante un solo 
Mi piace il linguaggio, diretto ed immediato come solo la forma d’arte sa smuoverti. In questo caso la musica d’arte, razionale, certamente, ma istintiva allo stesso tempo, una vibrazione che ti colpisce per forza. Beppe mi spiega in parole molto semplici ovviamente, che lui cerca sempre di fare un discorso, sia nel solo (l’improvvisazione), sia nella scrittura o composizione di un brano: esistono 12 note, suonabili su tutti gli accordi, che compongono le frasi di senso compiuto e rendono un discorso chiaro, trasmettendo un punto di vista. Affascinante non credete?
Volontà di ascoltare e curiosità in generale mi rendono pronto, presto perciò attenzione ed incredibilmente, senza avere nessuna nozione musicale di Jazz, anche se sono stato un percussionista per 10 anni, mi rendo conto se quel solo ha qualcosa di speciale e quindi applaudo durante una jam session
Mi informo, faccio domande, chiedo spiegazioni anche se prediligo qualche tipo e meno degli altri, non mi fermo e cerco di capire il più possibile. Beppe ascolta moltissima musica, ma anche a lui un certo tipo di Jazz non piace.
Ho la predisposizione giusta e sono anche nel posto giusto al momento giusto, aggiungo anche con le persone giuste, perciò la mia esperienza musicale è piacevole.
Devo dire che preferisco ascoltare il Jazz dal vivo, C’è un suono più immediato, senza microfoni il suono è vero, si può sentire la magia del contrabbasso o del pianoforte, la batteria rende tutte le sue sfumature sonore, anche le più nascoste, i fiati non sono compressi e una dinamica che mi fermo sempre ad osservare è il gesto del musicista, come questo riesce ad ottenere quel suono o serie di suoni con quel preciso gesto, come su uno stesso strumento in una jam session due musicisti di stesso livello abbiano un colore e un calore differenti. Ed è immediato, non occorre essere degli esperti credetemi!
Con Beppe abbiamo parlato della rinascita di questo genere a Parma, c’è un bel ritorno forse complice anche la mai troppo citata crisi economica, la gente si rivolge volentieri ad un suono genuino e molto fisico, come la dinamica che vi descrivevo prima, un ritorno alle sue origini popolari, in fondo il Jazz è nato nel ghetto e per la gente.
Circolo ARCI Zerbini jazz
Il circolo ARCI Zerbini 
Non c’è ancora molto spazio, ma negli ultimi 10 anni si è ripreso, è un cuneo che si sta allargando grazie ad alcuni festivals come Parma Jazz Frontiere, Rassegne di Jazz, locali notturni. Tra questi, intelligentemente alcuni hanno capito che la musica è un valore. Dando l’opportunità alla gente di ascoltare della buona musica, danno a sé stessi l’opportunità di guadagnare e di far guadagnare i musicisti, che sono persone che contribuiscono alla società come gli altri, è una rete, o come mi piace dire un network, siamo tutti legati. Lo sostengo da anni peraltro. Uno di questi locali dove amo andare ad ascoltare del buon Jazz è il circolo ARCI Zerbini, in via Bixio. Un locale molto bello ed accogliente, con della gran bella gente che ogni martedì sera dalle 22 organizza concerti Jazz con a seguire un’immancabile jam session. L’ambiente è molto easy, è un circolo ARCI e ci vuole la tessera, il cibo è buono (si può anche cenare) e puoi bere senza spendere un capitale: buoni vini e buoni super alcolici. Ad organizzare la serata sono stati due ragazzi giovani: Giacomo Marzi di anni 26 e Leonardo Caligiuri di anni 22. Incredibile vero? Ma smettiamola, i ragazzi hanno voglia di fare e lo fanno anche bene, diamine! 3 anni fa hanno cominciato a chiamare gente a suonare ed insieme ai gestori del locale hanno fatto una serata fissa che funziona parecchio bene, direi. Ci sono sempre tanti musicisti, quasi tutti amici miei, e c’è una energia e uno scambio notevoli, io vi consiglierei di farci un salto, è sempre molto piacevole.
Ho chiesto a Beppe di parlarmi del suo nuovo progetto, il nuovo disco. E lui mi ha parlato della sua vita. 43 anni di vita vera, sia della parte compositiva, della tecnica compositiva,
See The Sky Record
"See The Sky" Primo disco del Beppe Di Benedetto Quintet
delle esperienze in giro per l'Italia con il precedente progetto See the Sky” con il Beppe Di Benedetto 5tet nei clubs, rassegne, festivals. Sono passati 3 anni dall’uscita di “See the Sky”, 3 anni di incontri, di confronto su tanti argomenti, problemi, soddisfazioni e insoddisfazioni. Beppe è uno curioso del mondo, uno che ha voglia di cambiare, e il cambiamento è evoluzione (Poche idee, ma ben confuse. Pensieri e riflessioni a casaccio: IL CAMBIAMENTO è EVOLUZIONE), uno che non si ferma, che riflette e si interroga e questo nuovo disco il cui titolo è “Another Point of View”. E qui cito le sue parole: “è un percorso narrativo fatto con la musica, ha un valore aggiunto, un discorso di senso compiuto che lega i brani tra loro, ognuno di essi parla di un argomento, è diverso.” Beppe mi dice che si è ascoltato molto e ha sentito l’esigenza di esprimersi in questa nuova modalità, anche grazie ad un amico comune, il pittore Otello G. Pagano, con il quale ha scoperto aspetti della storia dell’arte pittorica che lo hanno molto affascinato, perciò ha sentito l’esigenza di cambiare se stesso, senza stravolgersi, ma evolvendosi. Mi spiega che quasi tutta la musica è composta di forme che si ripetono, beh lui ha deciso di rompere il discorso delle forme, i brani sono in divenire, senza ripetizioni, bensì in continua trasformazione, le soluzioni armoniche, melodiche e d’arrangiamento sono lontane dalle forme prestabilite, la composizione è scrivere come sei, quello che pensi, come lo pensi e costituisce per lui una liberazione, esprime una necessità ed un percorso. E’ un altro tipo di progettualità.
Non può che trovarmi assolutamente in linea con il suo pensiero.
Un contributo sostanziale alla realizzazione del disco è stato dato dalla sua compagna, Inga, meravigliosa donna del Nord Europa, con la quale scherziamo sempre. Lei è stata il perno della creatività di Beppe, noi tutti gliene siamo grati.
Beppe mi parla con entusiasmo dei brani e la luce che gli brilla negli occhi non può che rendermi felice “è un altro punto di vista nel fare le cose, fare le cose in cui credo, che sono quelle meno facili e che la società ci dice che non vanno fatte. E’ una rivoluzione interiore che si esprime in un cambiamento, in un’altra possibilità. Non sempre il diverso deve far scomparire il normale, senza rottura perciò, ma evoluzione” questi concetti mi sono vagamente familiari, chi lo sa il perché… si addentra nei brani, My Bright Place, dove esprime le cose che gli piacciono della vita, semplici ma non scontate, il gusto di andare a cercarle; Dark soul, dove descrive i momenti bui, tristi ossessivi; Camaleonte, il più sperimentale, con criteri musicali diversi dal solito, come persone che non si ritrovano nella società e provano lamento e rabbia ad un certo punto e Space Time Travel che descrive il processo creativo.
Beppe Di Benedetto 5tet: Luca Savazzi, Emiliano Vernizzi, Stefano Carrara,
Beppe Di Benedetto e Michele Morari ©FotoManganelli
Luca Savazzi è il pianista del 5tet e altra “testa”compositiva e non solo, ha una testa di riccioli invidiabile! Anche lui è un amico…e ha scritto Autumn, che descrive le grigie giornate autunnali; Medium Density, il lato più sottile, leggero della vita; e D&B (Drum and Bass) il lato più di pancia dell’uomo. Gli altri componenti del 5tet sono Emiliano Vernizzi ai saxofoni, Stefano Carrara al contrabbasso e Michele Morari alla batteria, insieme tutti sono molto diversi tra loro, ma molto uniti. Anche loro sono amici “e basta però non te la tirare!” ”eh va beh sono fortunato, lasciami gongolare nella mia fortuna!”
Anche la produzione del disco è una rivoluzione, in un momento in cui la crisi del mercato discografico rende le case discografiche senza più molti soldi da investire, i musicisti si rivolgono ad un altro modo per realizzare i loro lavori: Il CROWDFUNFING, metodo molto diffuso soprattutto negli Stati Uniti non solo in questo ambito, dove ogni cittadino liberamente decide se e quanto investire economicamente per contribuire alla registrazione, produzione e distribuzione del disco. Loro lo hanno fatto tramite MUSIC RAISER
Music Raiser LOGO
e la risposta è stata molto positiva, un’indicazione di fiducia nelle loro capacità da parte di molte persone, un contributo morale ed economico notevole, un altro modo di vedere le cose. Another Point of View.

Il disco sarà pronto a metà Dicembre, io me lo sono goduto prima di voi, immediato nell’ascolto eppure così diverso, come solo un grande disco può essere. Sono ancora senza parole e non mi capita molto spesso…

Beppe di Benedetto, anche il Jazz è Avventura

Qui un estratto della presentazione del nuovo disco " Another Point of View" alla Casa della Musica - rassegna  ParmaJazz Frontiere - Parma. Datele un'occhiata!





Se volete contattare Beppe Di Benedetto:

beppedibenedetto@gmail.com

Se invece volete vedere un po' dei suoi video:

https://www.youtube.com/watch?v=ZHXxoVkw84w

https://www.youtube.com/watch?v=z41bUXNEPSw

https://www.youtube.com/watch?v=NSmZiKcD5Bs

https://www.youtube.com/watch?v=bACV_IzEDHc

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Africa, the mother land: Namibia. BUSH LIFE PT I

Africa, the mother land: Namibia. ONKOSHI






mercoledì 19 novembre 2014

Africa, the mother land: Namibia. BUSH LIFE PT I

In Africa, quasi tutti, mi danno 27 anni e dire che ne ho 32! Non male direi! Di solito rispondo “It’s the Bush Life! Mi mantiene giovane!” In realtà non posso permettermi di dirlo perché non ho una esperienza tale da ammettere che questa possa avere avuto una certa influenza sul mio invecchiamento, sono solo un novellino in fondo. La verità è che io mi sento talmente bene in mezzo al bush che probabilmente il mio viso si distende al punto che sembro più giovane, complice anche il fatto che faccio quello che mi va di fare e quindi sono piuttosto felice. Una combinazione vincente.
black backed jackal
Sciacallo dalla gualdrappa -Black Backed Jackal - Canis mesomelas - Etosha national Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
La BUSH LIFE è decisamente diversa dalla vita che faccio in Italia. Primo ti alzi presto la mattina, intorno alle 5:00 e vai a letto presto, intorno alle 22:00. Dopo un po’ non hai neanche bisogno di metterti la sveglia, ti svegli da solo tutto contento di poter cominciare un’altra giornata. E come dice il mio amico e collega François, “Another great day is starting in Namibia, Land of the Brave!” un ottimo claim per cominciare bene la giornata. Il punto è che ti accorgi velocemente che tutta una serie di bisogni che dai per scontati come necessari al tuo vivere ed al tuo benessere sono completamente inutili ed obsoleti, sei felice di essere lì e quindi non ti serve granché, diventi rapidamente più wild, al punto da usare raramente le scarpe. Io non lo consiglio mai ai miei ospiti, potrebbero esserci animali diciamo “fastidiosi”, ragni, scorpioni, insetti etc.. a  parte il fatto che come un bambino davanti alle caramelle io mi incanto ad osservarli e la mia curiosità scientifica prende il sopravvento, sono meravigliosi se li si osserva con una prospettiva diversa. In ogni caso ci può stare, è casa loro, siamo nella savana, non a Porto Cervo. Perciò le scarpe chiuse sono fondamentali per proteggersi i piedi durante la giornata, ma ad esempio io in tenda non vedo l’ora di togliermele e girare scalzo, non che abbia un sacco di tempo libero, al contrario, quindi in effetti non lo faccio spesso, ma quando capita, me lo godo alla grande! Un’accortezza da applicare sempre è di non lasciare le calzature all’esterno e sempre rivoltarle scuotendole prima di infilarle, per evitare di mettere il piede all’interno della scarpa temporaneamente abitata da un simpatico inquilino. Un’altra cosa che mi piace fare è la doccia all’aria aperta, ti da un senso di libertà incredibile ed un contatto con l’ambiente circostante. Meraviglioso.
bush grass namibia etosha
Bush grass - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
Ovviamente tutte le docce sono private e ben coperte in modo che la privacy sia sempre mantenuta, ma queste sono quasi sempre all’esterno dello spazio della tenda, con l’aria libera di circolare e vuoi mettere stare all’aria aperta dopo una bella doccia corroborante? Aaaaahhhh che meraviglia… Bisogna solo avere attenzione a non farsela prima di andare a letto, potrebbe fare giusto un po’ freddino.
Incredibilmente scopri di te tante cose, la prima notte nel bush può spaventare, senti un sacco di rumori di animali che passano di fianco alla tenda, di uccelli che gridano allarme perché si avvicina un pericolo, di sciacalli che ululano e girano per le tende senza il minimo timore, di leoni maschi che ruggiscono più o meno in lontananza e che ti sembrano essere a mezzo metro da te tanto è potente il loro ruggito, mentre sono ad un paio di km o a qualche centinaio di metri dal campo. Iene che in gruppo fanno piuttosto rumore, magari eccitate dalla frenesia di aver sottratto una carcassa ad un leone o per una caccia occasionale. La notte è vivissima! Spesso sono erbivori che brucano dietro alla tenda a darti più o meno fastidio e non riesci a dormire le prime volte, vuoi l’emozione, che c’è, di essere lì in mezzo alla natura selvaggia, vuoi il fatto che normalmente a meno che tu non viva in campagna non sei più abituato a tutto questo via vai naturale
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Lions - Panthera leo - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
, ma ti è più familiare il rumore delle macchine in strada o il camion della nettezza urbana che ritira i tuoi rifiuti. Personalmente questo è quello che non mi fa dormire la notte in Italia e ho sempre qualche difficoltà a prendere sonno una volta tornato. Ma io sono un caso disperato, a me la BUSH LIFE piace da morire! Normalmente gli ospiti che non sono mai stati in safari mi chiedono sempre se è pericoloso e tutti questi rumori spaventano molto, io dico ovviamente di no che i campi sono sicuri, non è del rumore di zoccoli che bisogna avere paura, ma del silenzio. Quando ci sono i predatori, leoni, leopardi o altro non c’è il minimo brusio o rumore, tutto si zittisce e persino i grilli tacciono, perciò finché sei in mezzo alla confusione, tutto va benissimo! E dopo un po’ concilia anche il sonno, oltre al fatto che sei praticamente distrutto a fine giornata e non vedi l’ora di toccare il cuscino per dormire un po’. La mattina sono i volatili a svegliarti, tra un cinguettio e uno stridere o un gracchiare di faraone selvatiche ti alzi in modo piuttosto naturale e appunto un’altra giornata fantastica sta per cominciare.
Gli aspetti fondamentali su cui ti focalizzi sono il cibo e il sonno, il resto passa in secondo piano, scopri velocemente e sorprendentemente che queste necessità sono quelle da te più attese ed agognate, il senso di fame aumenta, complice il fatto che la maggior parte viene in vacanza e quindi si rilassa parecchio e l’appetito cresce. Questo trova poi sfogo a colazione, pranzo e cena e quasi tutti gli italiani si stupiscono che in Namibia si mangi così bene, mi fa sempre sorridere molto, perché noi italiani abbiamo la cultura del cibo e perciò pensiamo che al di fuori del nostro Bel Paese, siano rare le occasioni di mangiare come si deve, e come una specie di default diamo per scontato che non sarà così. I viaggiatori più esperti invece sanno bene che non è solo in Italia che ci si può alimentare con gusto ed una certa soddisfazione, ma rimangono comunque stupiti della qualità e sicurezza del cibo in Namibia. E dove pensavate di essere? Non siamo mica in Africa! Ah no sì giusto siamo in Africa in effetti. Eh beh, pure in Africa si mangia bene. È che secondo me dovremmo smettere di autoriferirci come il paese migliore del mondo e cominciare se non altro a visitare anche le altre nazioni, la cosa potrebbe stupirci ed arricchirci moltissimo. Comunque lo ammetto: in Namibia si mangia da Dio! E tutto, acqua, verdura, creme e pasticceria è molto safe.
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Spotted Hyaena - Crocuta crocuta - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved 
Il riposo è fondamentale, sembra scontato perché viviamo sotto stress con un sacco di cose da fare, di fretta sempre e anche dormire diventa una cosa da dover fare. Ecco, quando sei nel bush, non è un dovere, ma è un bisogno, alla fine della giornata sei piuttosto stanco e non vedi l’ora di riposare, ti rilassi e ti addormenti quasi immediatamente, salvo le prime notti o i casi disperati, il cuscino è il tuo migliore amico, il materasso ed il piumino i tuoi fratelli e non è mai stato così bello abbandonarsi al sonno ristoratore. Poi mica guardi la TV in camera, e questo è una conquista personale pazzesca in realtà.

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lunedì 17 novembre 2014

Non c'è Avventura senza video! There's no Adventure without video!


Non c'è una bella avventura senza un bel video giusto? 

E allora Adventure Life Project Africa, cioè me medesimo, ha preparato per voi un piccolo riassunto dell'esperienza di safari in Namibia. 

Spero vi piaccia e vi faccia venire voglia di venire con me a vedere cose meravigliose!

Presto sui vostri schermi, da PC, tablet o smartphones altri video che riguardano la Namibia, deserto and much more!

Mi scuso per la qualità delle immagini, ma i potenti mezzi a mia disposizione non coinvolgono telecamere in FULL HD per ora...

Buona visione!

There's no Adventure without video, don't you think?

So Adventure Life Project Africa, me in fact, had made for you a little resume of the Namibian safari experience

I hope that you like and you wish to come with me to see wonderful and amazing things!

Coming soon on your screens, devices, tablets or smartphones other videos concerning Namibia, desert and much more!

I apologize with you for the quality of the images, but I don't have al FULL HD camera on my bag. Not yet...

Good vision!

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venerdì 14 novembre 2014

Africa, the mother land: Namibia. ONKOSHI

Mi hanno affibbiato molti soprannomi nel tempo, e devo dire che è una cosa che mi ha sempre molto divertito, è un diverso modo di vedere le persone, un’impronta personale che caratterizza un aspetto della personalità dell’altro, o una caratteristica fisica. È singolare vedere come qualcuno ti veda in un certo modo, piuttosto che in un altro. La cosa ovviamente sconfina velocemente con la presa in giro, e devo dire che in Emilia, dove ho vissuto per molti anni, assume una caratteristica quasi tradizionale; non si chiama quasi mai qualcuno con il suo vero nome, ma sempre con un diminutivo od un aggettivo, questo un po’ in tutta Italia devo dire, ma qui può diventare ferocemente divertente. Ricordo con attenzione ad esempio un ragazzo, non l’ho mai conosciuto, ma mi colpì particolarmente il suo soprannome: veniva chiamato il BETO, diminutivo di Beethoven, perché era mezzo sordo da un orecchio. La vita è feroce. 
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Leoni stesi vicino ad una pozza - lions at the waterhole -
Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserve
Tornando a me, "ah ecco era ora!", uno dei primi soprannomi che ho avuto, è CROMO. I miei amici storici dell’adolescenza mi chiamano ancora così, di quando facevamo rap ed eravamo tra i primi del movimento hip hop in Italia, un secolo fa… tra jam session di freestyle infinite e nottate passate a cercare muri per dipingere la nostra città, per lasciare un’impronta, la tag, e la mia era appunto CROMO. Deriva dal greco antico, Chromé, che significa colore, e la scelsi accuratamente dopo un lungo percorso di segni grafici su carta per firmare al meglio le mie opere. Anni meravigliosi di sperimentazione e ribellione, di cazzate adolescenziali e amicizie fraterne, che rimangono tutt’ora.
Quando nacque mia figlia mi chiamarono BIG DADDY, e chi lo sa il perché? Ahahhahah. Tra l’altro è anche il nome di una famosa duna nel Sito Patrimonio dell’Umanità di Sossusvlei, in Namibia, perciò calza a pennello direi.
Un altro knickname che mi hanno recentemente affibbiato è BIG MAN, e se avete letto attentamente un articolo scorso, sapete perché in Africa mi chiamano così (Africa, the mother land: Namibia. BIG MAN).
Ma quello più strano e che mi ha affascinato di più, mi è stato affibbiato da una signora anziana in Africa, ed è ONKOSHI. La situazione va spiegata meglio ed approfondita un po’. Dunque mi trovavo ai limiti orientali del Parco Nazionale Etosha, In Namibia, uno dei parchi Nazionali Africani più vasti e belli che si possa vedere, durante la stagione secca, in inverno, per accompagnare dei turisti in un safari. La mia professione è appunto la guida di safari ed in Namibia ho lavorato con Wilderness Safaris e Il Diamante. Era la prima volta che esploravo quella parte del Parco Nazionale, ed ero molto curioso ed eccitato, anche perché sapevo, avevo letto, ed i miei colleghi guide mi avevano spiegato che si vedono moltissimi animali in quella zona, perciò ero particolarmente contento di avere l’opportunità di essere lì. Come sempre, quando si visita il Parco ci si alza molto presto, per poter essere ai cancelli di ingresso il prima possibile e godere della famosa Golden Hour, l’ora in cui la luce è migliore per le fotografie e c’è più possibilità di avvistare i predatori intorno alle pozze. La maggior parte dei predatori infatti è notturna, in primis i leoni e le iene, e all’alba quando le loro attività predatorie o non, finiscono, si possono vedere molto bene ancora attivi,
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Leoni durante la Golden Hour - Lions during the Golden Hour 
Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
mentre durante le ore più calde della giornata possono decidere di rifugiarsi sotto gli alberi, nella boscaglia, o bush, oppure starsene sdraiati a cercare riposo a dormire o tentare di rinfrescarsi. I leoni poi sono specialisti nell’oziare durante il giorno, ma difficilmente dormono e sbadigliano come la maggior parte delle persone crede, certo ogni tanto sonnecchiano anche loro, ma gran parte della loro necessità di starsene sdraiati a terra deriva dal fatto che non possiedono ghiandole sudoripare sul corpo. Eccolo qui il secchione che attacca a parlare in maniera incomprensibile, ci vuoi spiegare meglio di grazia? Forse è il caso che mi spieghi meglio. "Ecco bravo, senza dilungarti troppo però eh?" "Ci proverò". Dunque i leoni non hanno lo stesso sistema che abbiamo noi per raffreddare il nostro corpo dal surriscaldamento che il calore della giornata può provocare, noi infatti sudiamo, e questo risulta essere il modo migliore per mantenere la temperatura accettabile dal punto di vista fisiologico, sudando ci rinfreschiamo. Le ghiandole sudoripare sono le responsabili della produzione di sudore, quindi sono il nostro sistema di condizionamento interno. I leoni non le hanno lungo il corpo sotto la pelliccia o sotto la criniera nel caso dei maschi, ma le hanno infradigitali, "Infra che?" Inserite tra le dita delle zampe. "Ah ecco!" E ce le hanno anche in mezzo alle gambe sia anteriori che posteriori, ed inserite nella parte interna della bocca, sul palato e la lingua. Perciò quando un leone giace a terra con le gambe aperte, sdraiato in posizione da “sonnellino”, oppure si alza e sbadiglia, sta cercando di far passare aria fresca là dove esistono le ghiandole sudoripare, e scambiare aria calda con quella fresca esterna, perciò sta cercando di rinfrescare il suo corpo. Esiste un altro metodo per rinfrescare il proprio corpo? Ma certo! Bere! Occorre un po’ più di tempo e tanta acqua per rinfrescare attraverso il meccanismo del senso di sete il corpo di un leone maschio, che può arrivare a pesare 320 kg. Ma indubbiamente l’acqua risulta essere un buon metodo per resistere al calore. Anche noi in fondo abbiamo sete quando fa caldo no?
Comunque, tornando a noi, la Golden Hour va dalle 6:00 del mattino circa alle 7:00 e può prolungarsi anche fino alle 8:00.  Io, che sono notoriamente un tipo democratico, faccio alzare i miei ospiti alle 5: 00 del mattino. O meglio consiglio loro di svegliarsi intorno a quell’ora, fare colazione alle 5:30 e salire sul Land Rover alle 6:00, l’importante è che siano sul veicolo pronti, poi possono alzarsi anche 5 minuti prima, ma salterebbero la colazione, e la giornata è lunga nel Parco di Etosha. Poi vuoi mettere fare colazione con l’alba che sorge davanti ad una pozza del campo tendato mentre qualche animale si abbevera? È meraviglioso. Perciò di solito mi ascoltano. Si arriva ai cancelli d’ingresso est del Parco Nazionale per le 6:10 e mentre io faccio i permessi per entrare si aspetta l’apertura intorno alle 6:20, ho detto “intorno”, siamo in Africa, e 5 o 10 min. avanti non sono certo un problema, anche per questo è meglio essere mattinieri. Entriamo nel Parco e ci dirigiamo alla prima pozza, Klein Namutoni dove subito vediamo un pride (branco) di 8 leoni con i cuccioli cresciutelli che giocano e socializzano con le madri,
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Bad Boys, two brothers - Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved
niente maschio dominante però. Immediatamente gli ospiti sono molto emozionati, a ragione anche, e osserviamo i predatori per un’oretta buona prima che decidano di spostarsi nel bush. A quel punto ci dirigiamo a Namutoni, uno dei 4 punti dove ci sono gli uffici del parco, lodges e campeggi dove si può dormire all’interno, ovviamente sono recintati adeguatamente. Io mi reco negli uffici per sbrigare le formalità di ingresso, una signora che lava per terra la passerella di legno parla con una guida che conosco in Oshivambo, la lingua che predomina quella zona della Namibia, io li saluto (il saluto è molto importante in Namibia, in tutte le tribù e tradizioni) e mi metto a parlare con il mio collega in inglese dicendogli che ho visto i leoni alla pozza ma non ho trovato il maschio, lui conviene con me che è abbastanza normale, starà pattugliando i confini del suo territorio e si unirà alle femmine più tardi oppure nei prossimi giorni. A quel punto la signora si avvicina e mi fissa negli occhi, mi tocca il petto e cerca di spingermi un po’, cosa piuttosto strana perché nonostante in Namibia siano tutti molto cordiali e ti tocchino mani e braccia in senso di amicizia, nessuno si permetterebbe mai di toccarti sul torace, anche se ti conosce. Normalmente io per riflesso mi copro sempre il petto, è un retaggio della boxe, bisogna sempre proteggersi le parti dove possono farti male, non ci pensi neanche ti viene naturale, ma in quel caso non l’ho fatto. La signora mi guarda sempre più intensamente negli occhi e mi dice una parola, che io conosco bene, ONKOSHI, io a quel punto penso che abbia sentito la nostra conversazione e glielo dico in inglese, parlavamo proprio di quello. ONKOSHI infatti vuol dire LEONE in Oshivambo, ma la signora mi fa cenno di no, mi indica con il dito e ripete: ONKOSHI. Io guardo con stupore il mio amico che rimane rilassato e mi dice che lei pensa che io sia ONKOSHI, un LEONE. No ma va’ dai mi state prendendo in giro, e comincio a ridere un po’, la signora non ride, il mio amico sì, ma poi smette subito quando incontra lo sguardo dell’anziana. Va beh io proseguo e vado in ufficio, sbrigo le mie cose e quando torno la signora non c’è più, sarà andata in bagno, mentre il mio collega mi sorride. Scopro poi che la signora è una Bushman (Boscimana) di Etosha come la maggior parte delle persone che lavorano nel Parco, e che si era rivolta a me in Oshivambo perché i bianchi difficilmente capiscono il Click language, la loro antichissima lingua, e sicuramente non riescono a pronunciarla a meno che non siano cresciuti con loro. Congedo il mio amico e torno dai miei ospiti per riprendere il safari, durante il nostro giro comincia a prudermi tantissimo il petto e mi gratto tutto il giorno, mah, sarà la polvere ce n’è tantissima in Namibia. Per farla breve abbiamo visto 35 leoni quel giorno, in 3 prides diversi ed in posti lontani tra loro, può capitare, ma comunque è una bella fortuna in un territorio grande quanto il Piemonte. Perciò mi sono ritenuto soddisfatto. La cosa incredibile è che per tutto il tempo che sono stato in Namibia, riuscivo a vedere leoni nel bush senza binocolo,
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The King is coming -Etosha National Park - Namibia ©Andrea Pompele All Rights Reserved 
anche quando erano nascosti dietro i cespugli o molto lontani e perciò tutte le guide della riserva mi prendevano in giro chiamandomi ONKOSHI. 
Quando un giorno un maschio di leone si è avvicinato al veicolo a meno di un metro e mezzo da me, guardandomi negli occhi, per interminabili 30 secondi (che sono tantissimi in realtà) prima di perdere interesse e spostarsi verso un cespuglio, e tutti gli altri veicoli con le guide sopra hanno visto la scena, il gioco è fatto, questo episodio sommato a quello precedente che il mio collega aveva prontamente contribuito a diffondere, et voilà: la leggenda si è creata in un attimo! Io ero molto tranquillo a dir la verità, perché so che i leoni non hanno interesse per te che sei sul Land Rover, e non ti attaccano mai, a meno che tu non scenda, e non è consigliabile né sporgersi né tantomeno uscire dal finestrino come fanno molti incoscienti. I miei ospiti erano emozionati, giustamente, di fronte ad un predatore di così tale bellezza e grandezza, io mi sentivo perfettamente a mio agio invece. Da allora un altro mio soprannome è diventato ONKOSHI.